Secondo le previsioni demografiche sperimentali di Istat nel 2030 in Italia mancheranno all’appello, rispetto ad oggi, 1,98 milioni di residenti in età attiva tra i 15 e i 64 anni. Più nello specifico, tra 8 anni avremo un saldo negativo di 150mila giovani tra i 15 e i 29 anni e di 1,83 milioni di potenziali lavoratori tra i 30 e i 64 anni.
A livello territoriale il ridimensionamento della popolazione occupabile sarà molto più marcato nel Mezzogiorno dove è previsto un calo di oltre il 10% per un totale di quasi 1,4 milioni di persone in meno. Tra le prime 30 province che maggiormente risentiranno del fenomeno ben 26 sono al Sud e nelle Isole.
Nel Centro-Nord è invece attesa una contrazione più contenuta: intorno al 4% pari a circa 1 milione di persone, con le uniche eccezioni di Rovigo, Rieti, Biella e Massa Carrara. A livello provinciale le aree che riusciranno a contare su una tenuta maggiore sono quelle più ricche in termini di Pil pro capite e quelle in grado di attirare le migrazioni interne, in particolare della popolazione giovanile.
Addirittura in controtendenza le province di Bologna, Parma e Prato dove le persone in età da lavoro sono previste in crescita.
Dai dati dell’Istituto Nazionale di Statistica emerge anche un ulteriore invecchiamento della popolazione: se a inizio 2002 oltre il 67% della popolazione apparteneva alla fascia 30-64 anni, già a inizio 2022 si è scesi al 63,5% con previsioni di un calo fino al 61,5% nel 2030 e addirittura del 54,1% nel 2070.