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Brevetti, l’ingegno umano galoppa nei secoli

Brevetti, l’ingegno umano galoppa nei secoli

Alcune ricette culinarie della sibaritide cosentina o la brunelleschiana “Badalone” a Firenze?

Delle leccornie da tavola che nel VII secolo a.C. avrebbero deliziato i palati dei commensali nel paese in provincia di Cosenza o la zattera di grosse dimensioni con cui nel 1421 l’ingegnoso architetto fiorentino solcò l’Arno traghettando a Firenze i blocchi di marmo carrarese necessari per la costruzione del maestoso duomo che aveva in progetto?

La querelle sulla paternità del primo brevetto è storia datata. E mai accantonata. Ne discutono animatamente i sostenitori della tesi secondo cui le origini della tutela dell’invenzione debbano essere legate  all’aspetto giuridico e coloro che, al contrario, ritengono invece che le prime fondamenta teoriche, seppur all’epoca molto rudimentali, siano più che sufficienti per dare il la al fenomeno.

Insomma, da una parte chi rimanda il tutto alla metà del XV secolo quando il Senato della Repubblica di Venezia pensò fosse cosa buona e giusta tutelare ogni invenzione attraverso quella che fu a tutti gli effetti la prima legge brevettuale a garantire il diritto di esclusiva su un’invenzione (precludendo a chiunque altro di poterla emulare e riproporre sul mercato) e dall’altra invece i fervidi sostenitori dello storico ateniese Filarco, nelle cui Memorie scriveva: “I Sibariti (abitanti di Sibari, paese in provincia di Cosenza, ndr) stabilirono che se un cuoco o un addetto alla cucina avesse inventato una ricetta originale ed elaborata, nessun altro a parte l’inventore potesse trarne profitto prima del termine di un anno e che durante questo periodo egli solo avesse l’esclusiva della riproduzione, affinché gli altri, dandosi da fare essi stessi, eccellessero con simili invenzioni”.

Ma mettiamo da parte le controversie sul momento storico più consono e concentriamoci invece su cosa è accaduto negli ultimi secoli grazie all’ampia letteratura disponibile sull’infinità di roba brevettata secondo crismi giuridici. Un pot-pourri di idee/oggetti in cui è possibile trovare di tutto e di più: dalle invenzioni pù note ad altre inimmaginabili, da quelle che hanno cambiato il corso della storia dell’umanità a quelle che l’hanno migliorata, dalle più assurde alle più insignificanti. Tante ma tutte aggrappate ad un unico filo conduttore: l’ingegno dell’essere umano; la creatività, la fantasia e l’applicazione che aziende e singoli individui hanno sfoderato nel corso dei secoli. Tante, diverse tra loro, ma tutte brevettate con un unico intento: tutelarle da eventuali imitazioni salvaguardandone il valore economico.

L’elenco è interminabile: potremmo cominciare dalla telegrafia senza fili del genio Marconi e andare a finire ai preservativi che cantano di Paul Lyions, senza dimenticarci ovviamente della caffettiera di Alfonso Bialetti, degli MP3 di Leonardo Chiariglione, del telefono di Antonio Meucci, della macchina a vapore di James Watt, la pila elettrica di Alessandro Volta o del motore a combustione interna di Eugenio Barsanti e Felice Matteucci.

Guizzo di genialità fu quello dell’armeria londinese Messrs Holtzpfel che nel 1680 brevettò come cavatappi un semplice ripulitore d’armi ideato da altri.

Insomma, la lista è senza dubbio multi variegata e spazia dalle invenzioni industriali ai modelli di utilità e varietà vegetali, dall’utensileria da cucina a quella per officine, fino ai marchingegni tecnologici più sofisticati.

Un’infinità di roba brevettata per assicurarsi i ‘diritti esclusivi’ di fabbricazione (per un periodo solitamente di venti anni) e vietare a terzi la possibilità di riprodurla, venderla, importarla e farne tesoro. Con un’unica eccezione, che si verifica nel momento in cui è lo stesso inventore a decidere di concedere a terzi il diritto di sfruttare la sua invenzione; un diritto ceduto quasi sempre a peso d’oro, sulla base di importi fissi stabiliti in principio oppure variabili in relazione all’andamento delle vendite.

“A peso d’oro”, è bene sottolinearlo visto che nel 2024 la cessione dei diritti ha alimentato un giro d’affari mondiale di 2,407 miliardi di dollari, una cifra imponente destinata inoltre a lievitare nei prossimi dieci anni.

Tutto qui? Manco per idea visto il report realizzato dall’Ufficio Europeo dei Brevetti secondo il quale tutelarsi equivale a mettere al sicuro un potenziale tesoretto futuro.

Lo studio ha messo infatti in evidenza come le aziende che hanno deciso di tutelare un oggetto di produzione propria o un’idea siano state in grado di generare ricavi fino al 24% in più rispetto a quelle che invece non l’hanno fatto, risultando inoltre molto più appetibili agli occhi di clienti, eventuali partner e anche investitori.

 

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