Lavoro & Crescita

Focus sull’agricoltura italiana: intervista al presidente di Coldiretti

Focus sull’agricoltura italiana: intervista al presidente di Coldiretti

Dall’aumento dei costi di produzione alle difficoltà nel reperimento della manodopera da impiegare; dalla battaglia per la trasparenza dei prodotti ad una concorrenza sleale sempre più agguerrita, senza dimenticarci dei cambiamenti climatici. Doveroso cominciare dallo stato di salute generale della nostra agricoltura…

“L’agricoltura italiana continua a distinguersi per qualità, sostenibilità e capacità di innovazione e nel 2024 abbiamo raggiunto il record di export di quasi 70 miliardi. Serve però un’azione decisa, che vada dalla tutela del reddito degli agricoltori fino alla valorizzazione del prodotto italiano, anche attraverso la trasparenza dell’origine in etichetta. Ora abbiamo aperta la questione dei dazi Usa che colpiscono settori simbolo del Made in Italy come quello dell’agroalimentare. L’Europa deve negoziare e dare una risposta univoca per evitare una guerra commerciale che danneggerebbe tutti. L’agricoltura sta vivendo un momento particolare tra aumento dei costi di produzione, gli effetti dei cambiamenti climatici e una concorrenza internazionale spesso sleale che mette sotto pressione il settore, ma dobbiamo pensare positivo e investire come sistema in internazionalizzazione, innovazione e puntare a semplificare la burocrazia che schiaccia le nostre aziende”.

Figuriamo nella lista dei paesi europei che cementificano maggiormente (e in tanti casi pure in modo scriteriato visto il mescolio di aree rurali, artigianali e industriali), quanta fiducia ripone sull’Osservatorio per i terreni agricoli che la Commissione Europea ha annunciato di istituire proprio con l’obiettivo di contrastare il fenomeno?

“Il consumo di suolo è una ferita aperta: ogni giorno perdiamo 20 ettari di terreno agricolo. Questo ha un impatto diretto anche sul microclima locale e sulla sicurezza alimentare. La scelta della Commissione Europea di istituire un Osservatorio sui terreni agricoli è positiva, ma deve essere accompagnata da misure concrete e vincolanti per fermare la cementificazione selvaggia. Difendere il suolo agricolo significa difendere l’ambiente, la biodiversità e l’identità dei territori”.

Da un’analisi che avete sviluppato sulla base dei dati di Unioncamere emerge che in un decennio di enormi difficoltà per le imprese italiane under 30 (tra il 2014 e il 2024 hanno chiuso battenti in più di 100.000, con edilizia e commercio tra i settori più martoriati), le note liete arrivano proprio dall’agricoltura che nello stesso lasso temporale non ha registrato cali di sorta. Questo idillio tra nuove generazioni e professione è da attribuire esclusivamente allo sviluppo di un modello agricolo multifunzionale (fattorie didattiche, agriturismo etc.) o c’è anche altro?

“Il fatto che il comparto agricolo sia rimasto attrattivo per i giovani, a differenza di altri settori in crisi, è un segnale forte. Il merito non è solo della multifunzionalità, ma anche di un’agricoltura che oggi sa parlare il linguaggio dell’innovazione, della sostenibilità e della digitalizzazione. I giovani vedono nella terra un’opportunità concreta per costruire futuro, impresa e benessere collettivo”.

Molto attenti alle tematiche ambientali, con livelli di istruzione generalmente più elevati, un occhio vigile sul comparto turistico e le energie rinnovabili: se, quanto e come potrebbe cambiare in futuro il modo di fare agricoltura visto che i giovani che oggi intraprendono questo percorso corrispondono a profili profondamente diversi rispetto a quelli di trent’anni o mezzo secolo fa?

“I giovani agricoltori di oggi sono imprenditori evoluti, attenti all’ambiente, preparati, capaci di intercettare le nuove tendenze del turismo rurale, dell’agro-energia, del biologico. Il loro lavoro sta modificando profondamente il modello produttivo: più tecnologia, meno impatto ambientale, più valore aggiunto. È su di loro che dobbiamo investire, a partire dalla formazione e soprattutto facilitando l’accesso ai fondi e alla terra e semplificando tutte quelle lungaggini burocratiche che sono solo un danno per le aziende”.

A proposito di sostegno: crede che i 400 miliardi circa che l’Unione Europea ha stanziato per il prossimo quinquennio corrispondano ad una cifra congrua per venire incontro alle necessità e allo sviluppo del comparto?

“I soldi stanziati dall’UE sono una cifra importante, ma serve aumentare le risorse se si vuole rimanere al passo di paesi come Stati Uniti e Cina che investono quattro volte di più. Inoltre, serve fare un uso efficace e mirato di queste risorse. Non bastano i numeri se poi le imprese si scontrano con burocrazia, ritardi e mancanza di infrastrutture. Bisogna semplificare, digitalizzare e sostenere davvero chi lavora la terra. Le risorse devono arrivare in tempi certi, premiando chi fa innovazione e garantisce sostenibilità”.

Bene sul fronte giovanile, così così invece per quanto riguarda le aziende a conduzione femminile. Nel suo VII Censimento Generale dell’Agricoltura l’Istat dice che corrispondono al 31,5% del totale, con una dimensione aziendale mediamente inferiore rispetto a quelle a conduzione maschile…

“Le donne rappresentano una risorsa fondamentale per l’agricoltura italiana. Sono quasi duecentomila quelle che hanno scelto di lavorare nei campi. Sono imprenditrici che hanno puntato sul settore agricolo abbattendo così barriere e pregiudizi e portando in campo un nuovo protagonismo tutto al femminile. Credo che questi siano tutti segnali importanti di crescita che deve essere supportata da politiche di sostegno mirate”.

Obbligo dell’origine del prodotto sull’etichetta, lotta alle pratiche sleali nella filiera agroalimentare, maggiore attenzione ai rischi legati ai cibi ultra-processati: come procedono le battaglie che vi impegnano a Bruxelles?

“Le nostre battaglie per l’obbligo dell’origine in etichetta, contro le pratiche sleali e per la sicurezza alimentare continuano con determinazione. Sosteniamo e vogliamo un’Europa più coraggiosa, che difenda la qualità e la trasparenza, non che appiattisca tutto sotto la logica del mercato unico. Quest’anno ci aspettiamo una svolta: regole più eque, controlli più severi e un’attenzione vera verso chi produce cibo sano e tracciabile. E soprattutto che le risorse arrivino ai veri agricoltori”.

La frequenza con cui lunghi periodi di siccità si alternano ad altri di piogge torrenziali costringe le aziende a dover fare i conti con eventi atmosferici di portata rilevante. Più volte vi siete dichiarati soddisfatti per le politiche messe in campo dal governo nell’ultimo biennio ma ci sono nodi che ancora oggi continuano a rimanere ingarbugliati. Uno di questi riguarda le assicurazioni, con aziende agricole che stentano a recuperare i contributi assicurativi nonostante i danni subiti nell’ultimo triennio abbiano superato la cifra ‘monstre’ di 20 miliardi…

“I cambiamenti climatici sono ormai strutturali, non più emergenze isolate. Serve un piano di gestione del rischio all’altezza, con assicurazioni accessibili e risarcimenti rapidi. Il Governo ha fatto passi avanti, con le nostre mobilitazioni che hanno portato a sbloccare i fondi a disposizione, ma è urgente riformare il sistema assicurativo agricolo, semplificandolo e rendendolo davvero funzionale alle esigenze delle imprese. Come Coldiretti lo stiamo ribadendo da tempo, è urgente poi realizzare un piano nazionale sugli invasi dotati di sistemi di pompaggio per garantire acqua a imprese e cittadini dopo un 2024 che proprio a causa degli effetti dei cambiamenti climatici ha visto danni per 9 miliardi all’agricoltura italiana”.

E poi non possiamo non considerare gli ingenti danni causati da una fauna selvatica sproporzionata e non controllata. In tal senso, uno degli esempi più esaustivi è rappresentato dai due milioni di cinghiali che imperversano nei boschi e nelle campagne italiane…

“La situazione sotto questo punto di vista è sempre complicata. Grazie alle nostre mobilitazioni su tutto il territorio siamo riusciti ad ottenere i piani straordinari regionali per intervenire sul contrasto della fauna selvatica incontrollata, soprattutto per intervenire sul contenimento dei due milioni di cinghiali che mettono a rischio non solo le coltivazioni ma anche la sicurezza stradale e la salute pubblica. Serve una strategia strutturale che tenga conto anche del ruolo dell’agricoltore nella gestione del territorio”.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *