Welfare, in Italia il sistema è ampio… ma non del tutto efficace
Il nostro Welfare ci costa oltre la metà della spesa pubblica e quasi un terzo del PIL, ma nonostante questo appare inefficace.
La spesa pubblica nel 2022 è stata di 610 miliardi e quest’anno sarà di 632 e riguarderà i quattro pilastri del welfare: previdenza, sanità, politiche sociali e istruzione. Nel 2022, tra imposte dirette e indirette, lo Stato ha incassato 569 miliardi e quest’anno 600, ma non sono sufficienti.
A pesare maggiormente sono le pensioni, adeguate ad un’inflazione incalzante: in Italia ci sono 16 milioni di pensionati ma quasi la metà è parzialmente assistita non avendo versato durante la vita lavorativa i contributi sufficienti.
Inoltre, tra una decina d’anni ci sarà la gobba pensionistica con la generazione baby boom. Lo scenario non è rassicurante: si stimano 20,9 milioni di pensionati difronte a 20,5 milioni di lavoratori. Il sistema attuale si autofinanzia con i contributi sociali versati dai datori e dai dipendenti e con l’Irpef rigirata allo Stato. Ma i contratti precari portano meno Irpef.
Per quanto riguarda le politiche sociali, l’assegno unico per i figli ha allargato il raggio dei beneficiari ai lavoratori autonomi, ma il passaggio dal precedente sistema a questo ha escluso oltre 1 milione di nuclei che non ne hanno fatto domanda. Inoltre, l’entità dell’assegno non è sufficiente per rilanciare la natalità.
L’ascensore sociale in Italia pare bloccato: un figlio di un padre laureato ha il triplo delle possibilità di laurearsi rispetto al figlio di chi ha conseguito la terza media.
La sanità, nonostante sia la seconda voce del welfare dopo le pensioni, è al collasso.